Il nuovo romanzo di Alessandro Berselli Anche le scimmie cadono dagli alberi è certamente un testo importante per le nostre lettere. Io e S. l’abbiamo letto una prima volta quest’estate, in spiaggia, sotto l’ombrellone, bisbigliandocene le parti, quasi in un gioco segreto, ed è stata un’esperienza piacevolissima perché la storia di Samuel Ferrari era capace di perforare il flusso noioso, caotico del rituale estivo con le sue architetture, le sue volte fresche e affascinanti. Poi l’ho riletto di recente, anche perché volevo raccontarlo, come rifugio della debordante melma delle piogge autunnali esperite davanti al televisore: uno spasso, perché lo sguardo dello scrittore, o meglio, della sua voce narrante che coincide poi con quella del protagonista, è umoristico, caustico, non è mai immobile o faticoso di lamenti, commiserazioni, ma sa liberarsi di ogni impiccio con signorile eleganza, con la semplicità sentimentale, autentica, di un ragazzo che dica: ecco, questa è la mia vita, io sono questo. Consigliarlo oggi accanto a un liquore prestigioso, abbrancati a una comoda poltrona dopo i pranzi natalizi? Certamente.


Ma vediamone il disegno di massima: Samuel Ferrari è un giovane di belle speranze, dalla personalità mercuriale, multiforme, metafora del nostro tempo interconnesso, multitasking. La sua libido mira in alto: carriera in una multinazionale, la poltrona del presidente e l’amore prima frivolo poi disperato per Anna, una passione che pompa la di lui psiche di volontà di conquista, di potenza. Come si fa a prendere, acciuffare il pavone del desiderio per la coda? Samuel ha percorso tutte le strade, i sentieri del giorno e della notte. Sulla facies opposta della luna, la dark room, una cupio dissolvi, un desiderio di morte, rappresentata da un’inquietante ma eccitante signora giapponese, seducente nella sua pura espressione di esercizio estetico e formale, di sguardi langorosi in un’aria frigida, nudula, dignitosa, radicalmente funerea. Erotismo raffinato, categorico, spirituale, di ghiaccio. Un ruolo non meno importante e, per così dire, metonimico del protagonista, è rappresentato dalla sorella di Samuel, una specie di Barbie girl un po’ viziata, intorpidita da troppi chewingum alla fragola, neanche di spinelli.

Uno non s’immagina come si possa impiastricciare la propria vita negli affetti fondamentali, ma, insomma, lei ci riesce e si ritrova dall’altra parte del mondo alla ricerca di una pace improbabile, dopo una miriade di giravolte dell’animo e di musiche e miti, moti, motti dei nostri giorni, da risultare spettacolare come una pagina di D’Annunzio. Per fortuna questo romanzo si è allontanato dalle atmosfere sverniciate di pece del noir e semmai riabbraccia quelle care all’autore di Altri libertini, Pier Vittorio Tondelli di cui certo Berselli ha rintracciato le orme sulla via Emilia. Tuttavia a mio avviso, come già ne scrissi, lo stile proprio della sua personalità artistica è riconducibile al Tristam Shandy di Lawrence Sterne. In fin dei conti il testo assomiglia a un romanzo sperimentale, sia per l’originalità del quadro tipografico, che trascrive i movimenti del pensiero in automatico, sia per le questioni del sentimento, affrontate con ingenuità, autenticità e leggerezza, pur nella gravità drammatica delle invenzioni, che intrigano, stringono il lettore in un labirinto complesso e, a volte, antipatico di identità contrapposte, di pulsioni conflittuali.

Insomma un’esperienza di lettura completa e coinvolgente che fa di Berselli uno degli scrittori da seguire e inseguire sugli scaffali delle librerie o sui cataloghi degli editori on-line per capire dove va il nostro tempo, per sapere dove sono collocate nella cartografia del presente le esperienze, i fatti della modernità, per capire, in fondo, ciò vogliamo e non vogliamo e poi interpretiamo alla nostra maniera, ridisegnandone i confini e i caratteri, narrando il tempo come fa il disegno rotondo dell’onda sulla battigia, negli amplessi voluttuosi delle nostre estati, delle estasi del desiderio. Bravo, Alessandro.