Il Libro dei Profeti: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele. Introduzioni di Gianfranco Ravasi. Traduzione e note di Luigi Moraldi. Testo ebraico a fronte. BUR, Milano 2004.

Che significato può avere oggi rileggere i libri dei Profeti? Di significati, a questo riguardo, ce n’è un numero infinito come sono le vie che si addentrano tra gli abissi del cielo stellato; ma se uno vuole resistere al pur dolce naufragare o, per dirla con certa filosofia, alla deriva delle interpretazioni, allora l’eccellente proposta suggerita da Padre Ravasi potrebbe costituire un ottimo approccio, rinforzato, per giunta, nel solco della millenaria esegesi cristiana.

Questa edizione presenta i libri dei quattro cosiddetti “profeti maggiori”, presenti all’interno della Bibbia, vale a dire: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele; mentre i “minori” sono: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.

Innanzi tutto chi è il Profeta? Il Profeta è uno che è stato chiamato, è l’eletto di un’azione della grazia divina. Il Profeta è un uomo di Dio, è un visionario, è uno che vede la realtà delle cose e degli eventi e cerca di superarla, per coglierne il senso ultimo; egli è uno che intende trascendere la pura e semplice manifestazione delle cose e dei fatti ponendosi nella prospettiva illuminante offerta dallo stesso Dio, donata dalla sua grazia. Il Profeta è dunque il portavoce di Dio, “uno che annuncia le parole di Dio agli uomini” sosteneva Sant’Agostino, come Mosè, il Profeta per eccellenza. Quale portavoce il Profeta è necessariamente uomo del presente, coinvolto nella vicenda storica, incarnato, incardinato  in essa quale missionario della libertà e della grazia divina.

Ma il Profeta, in quanto uomo della Storia, ne è anche il Giudice. Egli è un uomo pubblico che proclama, simbolicamente, la parola divina davanti alla comunità secondo i canoni della comunicazione religiosa ebraica; egli, infine, ha il dono del prevedere, nel senso che denuncia le dinamiche segrete della Storia, la loro carica messianica. In quanto capace di penetrare la profondità trascendente degli eventi il profeta, per concludere, “intuisce la logica di fondo con cui Dio traccia il suo piano salvifico e quindi sa intravederne gli sviluppi futuri”, ricorda Ravasi nella sua introduzione e, in questo senso, forse, vanno interpretate le parole di Karl Jaspers quando sosteneva che la profezia ebraica è un evento cardine della storia del mondo. Uomo del presente, il profeta offre un messaggio che abbatte i confini temporali e si proietta nel futuro della vicenda umana per interpretarne il messaggio di redenzione; in questo senso anche la figura di Cristo acquista connotati di indole profetica.

La figura del profeta, nella mia immaginazione, ha sempre avuto un carattere particolare: i suoi discorsi mi parevano intrisi di terra rovente e polverosa, di lande screpolate ed aride dove egli, quale ambulante allampanato, non alieno da coloriture cervantine, si aggirava, in preda al delirio, a predicare avvenimenti che non si sarebbero mai avverati. In realtà e ben altrimenti, la sua figura ha sempre esercitato un certo fascino nella storia per quel suo carattere di libertà, sincerità, purezza, assolutezza. Come giustamente chiarisce il Ravasi, in una ultima recensione sommaria ma ricca, sono innumerevoli i riflessi delle parole dei profeti nell’ambito della storia della letteratura come, del resto, il loro simulacro topologico e immaginale nell’ambito della storia dell’arte, o nella musica. Vediamo così Raffaello rappresentare un Isaia nell’atto di reggere un papiro in cui è scritto in ebraico: ”Aprite le porte, entri il popolo giusto che si mantiene fedele…” mentre Geremia è raffigurato nel profilo dell’uomo in lutto per la fine di Gerusalemme dal Michelangelo della Sistina e da Rembrandt. Ezechiele, invece, con la sua visione di una distesa sterminata di scheletri calcificati abbandonati in una valle a cui Dio ordina di predicare, lo troviamo in Luca Signorelli o anche, per citare un musicista, nel Libro d’Organo di Messiaen. Daniele poi, forse anche per i suoi ammiccamenti erotici nella scena di Susanna al bagno e del relativo processo intentatole dai “vecchioni” quale moglie del Re Baltasar, torna in Michelangelo, Rembrandt, Lotto, van Dyck e nelle opere di Chaucer, Calderon de la Barca, Hendel: i riferimenti sono veramente tantissimi. Resta infine da lodare la traduzione e le note di Luigi Moraldi che fanno di questo volume al contempo un prezioso e accurato “manuale” per lo studioso ma anche un bellissimo libro di storia e poesia.